sabato 10 luglio 2010

Festival di Spoleto, serata "eco-chic"

Dopo alcuni anni ho avuto modo di partecipare alla serata finale del Festival di Spoleto.

Una serata piacevolissima, fresca al punto giusto con un programma adatto anche a chi non è un super esperto di musica classica con belle melodie di Bernstein e Mahler.

Ma questa volta ho voluto vivere in maniera diversa la serata. Non mi son voluto concentrare sulla musica, ma sull’armonia della bellissima facciata del Duomo, sulle su pietre scolpite, sugli otto rosoni, sui suoni e le vibrazioni che da quel luogo scaturiscono sempre ed in modo del tutto naturale.

Ho trascorso la serata cercando di filtrare, di annullare i suoni dei musicisti, concentrandomi invece su quello che di naturale mi accadeva intorno.

Due uccellini dal tetto della casa, che fu del Maestro Menotti, iniziano a cinguettare già prima che il maestro d’archi entri sul palco per far accordare gli strumenti all’intera orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Anzi è proprio il loro cinguettio a dare il ritmo alla serata per tutta la durata del concerto.

Sembra quasi che l’anima di colui che da sempre ha voluto questa serata sia ancora una volta il regista invisibile attraverso la reincarnazione nel piccolo corpo dei due volatili!

Il concerto ha inizio. A dirigere quella grande orchestra, Diego Matheuz, un giovane prodigio di appena 25anni venuto dal Venezuela!

E con le prime note prende il via anche la danza dei rondoni che con il loro garrito si accapigliano e si rincorrono l’un l’altro per accaparrarsi i piccoli insetti volanti attratti dalla luce delle lampade del palco.

Una danza bellissima quella dei rondoni, che sopra alla Piazza disegnano cerchi sempre uguali che finiscono nei fori della facciata del Battistero di S. Maria della Manna d'Oro.

Una brezza leggera accarezza tutta la Piazza ed il telo che ricopre il campanile, chiuso per restauri, sembra una grande bandiera che sventola in segno di vittoria.

Giro lo sguardo in su, verso destra, dove i giardini che degradano fin sopra la Piazza fanno da cornice alla splendida Rocca Albornoziana.

Il cinguettio dei due uccellini è sempre presente e mi rallegra alquanto…il cielo comincia a spegnersi… Ecco allora una falena danzare “raso testa” per tutta la lunghezza della Piazza e poi posarsi sul fazzolettino immacolato del personaggio baffuto che mi è seduto di fronte. Quello la caccia con la mano, cerca addirittura di prenderla… lei fugge e si butta tra le gambe di una signorina, seduta vicina, che impaurita la scaccia in malo modo. Ma la falena non si perde d’animo. Con una piroetta si alza in aria, e vola via battendo le ali al ritmo della musica, ma dopo un volo di dieci metri si va a scontrare sulla testa soppalcata, e perfino addobbata di perle di una signora, che con quella capigliatura alla Marge Simpson copre inesorabilmente ogni visuale alle persone che le stanno dietro.

Ma la cosa più bella ancora deve capitare… Eccola cadere sulla testa calva del mio vicino di posto che si deterge con un fazzolettino di carta (meno male che e accaduto a lui… io non avevo fazzolettini!) ridendo sotto lo sguardo atterito e schifato della moglie.

"Complimenti per la fortuna!" gli sussurro... "...ma forse sono le rondini che debbono andare a dormire e ci cacciano dal loro territorio".

domenica 19 luglio 2009

Sylt

A Sylt il vento piega le praterie di canne che, un tempo, rappresentavano, dopo il mare, l'unica risorsa disponibile sull'isola. Venivano utilizzate per costruire i tetti delle case, che con quell'architettura semplice, sembrano non voler disturbare una natura incontaminata. La sabbia bianca delle spiagge ed un micro clima assai favorevole ci portano con la mente in continenti a noi lontani. A Sylt è bello passeggiare, raccoglire conchiglie, prendere il sole nascosti nelle sdraie vittoriane a cesto, respirare l'aria ricca di iodio e ammirare la forza della natura. La sera ci si infila al Sansibar dove ti lasci tentare dagli ottimi piatti di cucina locale e dove Herbert, con la sua faccia simpatica ci mostra una delle più belle ed importanti cantine di Germania, tutta ricavata sotto le dune della spiaggia e dove ogni sera si festeggia un compleanno con gli "scintillini" e tutti insieme si canta "happy birthday to youuuu..." sopra alla bella voce di Stevie Wonder. Quest'estate a Sylt ho trascorso la mia luna di miele.
Sylt (mare del nord) agosto 2002

martedì 14 luglio 2009

Con gli occhi chiusi

Camminando con gli occhi chiusi lungo il filo sottile di schiuma che unisce il celeste azzurro del mare alla impalpabile sabbia bianca, si ha come la sensazione di essere in equilibrio tra due mondi, pensavo tra me mentre, come ogni giorno, percorrevo la battigia di Rendevous Bay.
Era un esercizio a dirsi semplicissimo, ma allo stesso tempo assai complesso perché per riuscire bene è necessario rimanere in equilibrio tra la sabbia ed il mare, con un piede non completamente ricoperto d’acqua e l’altro non soltanto sulla sabbia.
È come un esercizio yoga. Bisogna concentrarsi sul respiro, non pensare più a nulla se non al rumore del mare, alle sensazioni tattili del piede e all’inclinazione della spiaggia. Anche la direzione del vento può aiutare, ma ciò che più conta è l’esercizio continuo.
Il tempo trascorre lentamente e bisogna pur inventarsi qualche gioco da fare! Giada preferisce dedicarsi alle conchiglie; è un’accanita shell catcher ed in sole due ore e mezza è riuscita a trovare almeno un cinquantina di piccole cipree rosa.
La guest house dove soggiorniamo, il Lloyd’s, si trova sulla sommità di Crocus Hill, la parte più alta dell’isola (appena 60 metri sul livello del mare). Un altitudine minima, ma sufficiente ad assicurare una brezza fresca e costante.
Il fiore dell’aloe che troneggia di fronte alla guest house è ogni mattina frequentato da un colibrì azzurro e verde. Si dice che la leggera brezza, che non lascia mai quest’isola, sia proprio causata dal veloce battito d’ali degli innumerevoli colibrì che vivono qui.
Al Lloyd’s la sveglia è sempre assai mattutina poichè il canto delle migliaia di galli che vivono sull’isola, echeggia da West End a Snake Point, per culminare proprio a the Valley.
Quella mattina mi alzai dal letto. Era ormai un’ora che mi rigiravo tra le lenzuola senza poter riprendere sonno. Erano le sei e mezza ed ero già fuori. Dal lato occidentale dell’isola il sole schiariva il cielo cosparso da tante nuvole, mentre il terreno bagnato e il profumo dell’erba raccontavano la pioggia di quella notte.
A piedi scesi per Coronation Ave. L’alba mostrava i bellissimi colori accesi delle piccole abitazioni che fiancheggiano la strada. Un frutto giallo di papaja nella notte era caduto dalla sua pianta ed ora era su un lato della strada.
Arrivai in pochi minuti di fronte al piccolo campo da cricket, lo superai e girando a destra risalii per la strada che porta al supermarket.
Proprio li incontrai un anziano rasta che con la chitarra a tracolla con un cenno della mano mi fermò e con il suo inglese tipicamente caraibico mi disse:
“giovanotto,… dove te ne vai a quest’ora? Tutta l’isola stà ancora dormendo e tu invece di stare con gli occhi chiusi te ne vai a spasso per cercare di vedere il più possibile di questo mondo, assai lontano dal tuo e che tra qualche giorno forse ti mancherà…”.
“Di questo mondo mi affascinano i colori!” Risposi senza esitare in un inglese tipicamente italiano. “Mi piacciono i colori del mare e del cielo, del colibrì che mangia sul fiore dell’aloe e delle piccole e semplici abitazioni che si trovano lungo questa via” continuai indicando con la mano la via appena percorsa.
“Io amo suonare la chitarra, e quasi sempre, lo faccio, con gli occhi chiusi perché le note mi mostrano il lato invisibile della vita di tutti i giorni. In questo mondo siamo soltanto di passaggio e proprio per questo, tanti anni fa, decisi di vivere con il minimo indispensabile senza arrecare danno a questa terra e a questa natura che sono la nostra vera madre”. Non seppi cosa rispondere e così feci soltanto un cenno d’assenso con il capo.
Lui con la mano destra fece un cenno di saluto e poi mi disse: “You’re welcome”.
Proprio allora mi accorsi che nell’altra mano teneva la papaja che pochi minuti prima avevo visto in terra, sul ciglio della strada e alla quale, pur avendo gli occhi aperti, non avevo dato alcuna importanza.

Anguilla, West Indies 9/21 febbraio 2005

domenica 12 aprile 2009

Pizza di Pasqua

Ieri nel pomeriggio, Don Diego nella piccola cappella di San Biagio, ha benedetto i cesti di alcune persone, che come me non possono fare a meno delle tradizioni Pasquali (devo dire che sono molte!). Questo era il mio cestino... oltre alla pizza al formaggio, fatta da me e della quale riporto la ricetta, non poteva mancare il salame, la vernaccia ed un bel mazzo di asparagi appena raccolti!
Ingredienti:

400 g di farina 00
20 g di lievito di birra
6 uova
100 g di pecorino di Norcia fresco
100 g di parmigiano grattugiato
100 g d'olio extravergine d'oliva di Spello
1 cucchiaio di strutto
sale

Preparate una pasta di media consistenza, amalgamando la farina e il lievito, sciolto in poca acqua appena tiepida. Sbattetela con forza, fino a quando inizia ad alzare le bolle. Quindi raccoglietela in una terrina fonda e mettetela coperta in un luogo tiepido e riparato a lievitare per un paio d'ore.
A parte, sbattete le uova e mescolatevi il parmigiano, il pecorino grattugiato a scaglie e l'olio. Mescolate il composto, quindi mettetelo a riposo.
Quando la pasta avrà raggiunto il giusto punto di lievitazione, riprendete a manipolarla, mescolandovi il composto di uova e formaggi. Versatela dentro una teglia dalle sponde alte, in precedenza unta di strutto, che abbia dimensioni tali che la pasta possa occupare fino alla metà. Mettete il tutto in luogo riparato e lasciate che la pasta riprenda la lievitazione. Trascorsa un'ora, un'ora e mezza, mettete la teglia in forno moderato e fate cuocere per 90 minuti circa.

lunedì 16 marzo 2009

Sul sentiero dell'acquedotto romano

Domenica ho passeggiato con Giada e Tommaso nel bellissimo sentiero che costeggia l'acquedotto di epoca romana, in fase di restauro, che collega una sorgente che si trova proprio sotto il piccolo centro abitato di Collepino fino a Spello.
Cinque chilometri tra gli olivi con bellissimi scorci su Spello e sulla valle del Chiona.
Ci siamo portati un pranzo al sacco e abbiamo improvvisato un pic nic sotto una quercia enorme.
All'altezza dell'incrocio tra il sentiero e Via Abbeveratoio dell'Asino, è stato scoperto e restaurato l'antica fonte dove, con tutta probabilità, gli asini e i muli venivano rifocillati prima di continuare il percorso. C'è ancora la pietra forata dove gli animali venivano legati.
Emozionante il passaggio sul "Ponte Parasacco", alto una ventina di metri, che tiene uniti due speroni di roccia e sul quale un tempo passavano acquedotto e viandanti.

venerdì 12 settembre 2008

Ricordo

Quel poco che so fare in cucina lo devo allo zio Lanfranco, architetto di professione, ma soprattutto persona che è stata capace di circondarsi di cose belle e di momenti piacevoli. Non posso dimenticare uno degli ultimi pranzi organizzati, da lui, con meticolosa precisione in ogni dettaglio. Ricordo ancora le pentole "numerate" con i vari tipi di sughi e verdure ed i piatti allineati su quelle belle tovaglie di stoffa antica comprata al mercatino di Campello. E poi la felicità di ritrovarsi, ancora una volta, tutti insieme con la scusa di assaggiare quello che zio Franchino aveva preparato per noi, magari utilizzando quelle erbe rarissime di campagna che soltanto lui riusciva a coltivare e a disegnare così bene.
Grazie zio!

giovedì 4 settembre 2008

Un cappuccino a Spello

Voglio rincominciare a scrivere sul mio blog. Lo faccio parlandovi della cosa più frequente che mi capita di fare quando inizio la mia giornata: prendo un cappuccino!
Se passate qui a Spello vi consiglio di prendere un cappuccino nel bar di Luciano e Laura. Lo fanno squisito e sempre con quel bellissimo disegno a cuore che ti mette tanto buon umore all'inizio di una giornata.
Se venite in questi giorni di settembre vi consiglio di prendere, sempre nello stesso bar, il miglior gelato che avete mai assaggiato... magari al gusto "fichi". Sono stati da poco colti dalla pianta.